Economia
17 Ottobre 2023Le aziende vanno messe in condizioni di competere, ed è necessaria anche una politica industriale europea che accompagni le transizioni digitale e green

«Viviamo una fase di grande incertezza e di attenzione ai conti pubblici. Ad aggravare lo scenario è ora l’attacco di Hamas a Israele, oltre ai risvolti umanitari, rischia di avere un impatto negativo sui costi dell’energia. Speriamo si possa evitare un’escalation»: così Riccardo Di Stefano, Presidente dei Giovani Imprenditori, commenta la situazione attuale al Sole 24 Ore, aggiungendo che sia necessario quanto mai «spingere gli investimenti, affinché le imprese possano innovare e competere, ora che la politica dei tassi della Bce sta rendendo più difficile l’accesso al credito. E intervenire sulle famiglie a basso reddito, per sostenere il potere d’acquisto, rendendo strutturale il taglio al cuneo fiscale».
Sulla terza rata del Pnrr in arrivo, il Presidente degli under 40 ha ricordato: «L’Italia ha sempre avuto difficoltà nell’effettivo utilizzo dei fondi comunitari. Tuttavia, anche se con qualche ritardo, le rate arrivano e questo significa che ci si sta muovendo nella giusta direzione. Il governo è salito su un treno in corsa e gli riconosciamo un approccio corretto sul cambio di governance e nell’aver reso gli interventi più coerenti con repower Eu e i fondi di coesione. Adesso, quindi, è necessario recuperare il tempo perduto e dare una forte accelerazione alle procedure di spesa. Ad ogni modo, il Pnrr resta una formidabile opportunità di crescita e sviluppo sia per la dotazione finanziaria ma soprattutto per le riforme strutturali con cui l’Italia si è impegnata a diventare più efficiente e inclusiva».
Secondo Di Stefano siamo di fronte a una nuova fase della globalizzazione: «Dopo lo shock della pandemia le aziende stanno riorganizzando le filiere, accorciandole. Le opportunità restano molte per il nostro made in Italy, penso all’Estremo Oriente, a Paesi come Giappone, Taiwan, Singapore, India, approdi di straordinaria potenza geopolitica, economica, demografica e tecnologica. Le aziende vanno messe in condizioni di competere, ed è necessaria anche una politica industriale europea, che accompagni le transizioni digitale e green. Una politica comune, non scelte come la deroga agli aiuti di Stato che avvantaggiano i paesi che hanno un maggiore spazio fiscale, come la Germania. La loro recessione colpisce anche noi, la nostra manifattura è legata a doppio filo con quella tedesca, la Germania è il nostro primo Paese in termini di export. Ma oltre che partner siamo anche competitor: nel 2022 quasi il 50% degli aiuti di Stati Ue sono andati alla Germania. La politica delle deroghe ci penalizza e spezza il mercato unico».
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