Food
30 Dicembre 2024
Secondo una recente ricerca di Nomisma, nei primi quattro mesi del 2024 l’export di pasta italiana ha superato i 1,4 miliardi di euro, con un incremento del giro d’affari del +6,6%, valore che però è ancora condizionato al rialzo dalle fluttuazioni dei prezzi di energia, materie prime e servizi di trasporto. Seppur positiva, questa performance però può essere considerata soltanto parzialmente indicativa della capacità del settore di competere con successo nei mercati internazionali.
A mettersi particolarmente in luce è la categoria delle paste ripiene (farcite) che, partendo da una gamma di prodotti che affonda le sue radici nella tradizione gastronomica nazionale, si è via via evoluta puntando anche sulla rivisitazione di ricette tradizionali in chiave innovativa o salutistica, fino ad arrivare a utilizzare alimenti sostitutivi (plant based).
Nel corso del tempo, ai ripieni classici che riflettono le preparazioni più tipiche delle varie regioni del Paese, se ne sono affiancati sempre di nuovi e il consumatore ha così avuto la possibilità di provare accanto a farciture di carne e formaggi anche composizioni a base vegetale (spinaci, asparagi, carciofi,…) o di pesce (salmone, molluschi), che la consuetudine locale destinava a festività od occasioni particolari. Varietà e fantasia dell’offerta, dunque, sembrano rappresentare un elemento di successo sui mercati esteri visto che la crescita del giro d’affari delle paste ripiene è stata del +13,4%, percentuale doppia rispetto a quella complessiva di categoria.
I PRINCIPALI MERCATI DI DESTINAZIONE
Dalla ricerca di Nomisma emerge che i principali mercati di destinazione dei prodotti pastari italiani siano solo in parte quelli comunitari, dal momento che alle spalle della Francia, dove è stato realizzato il 21,9% del giro d’affari complessivo, si collocano il Regno Unito (15,5%) e gli Stati Uniti (10,8%).
Nel primo quadrimestre 2024 le paste farcite si propongono come il driver delle vendite oltre confine dell’intera categoria, a dimostrazione della capacità dell’offerta pastaria italiana di saper innovare e sapersi rinnovare, pur mantenendosi nel solco della tradizione in termini di metodo di produzione e materia prima utilizzata.
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