Vino
27 Giugno 2024Il nostro Paese è tra i top exporter globali
È boom dell'export per vini e spirits italiani: a confermarlo sono i dati dell’Osservatorio Federvini in collaborazione con Nomisma e TradeLab, secondo cui nell'ultimo ventennio l'esportazione di vino italiano ha conosciuto una crescita passando da una quota di mercato del 17% nel 2003 (con la Francia al 38%) al 22% nel 2023 (con i transalpini al 33%). Un risultato questo che permette all’Italia di consolidare, grazie al complessivo +188% in valore di export, il secondo posto mondiale a cui si aggiunge l’incremento dei mercati in cui il nostro Paese esprime una posizione di leadership: 46 contro i 51 della Francia (vent’anni fa erano 9 contro 41).
Positivo lo scenario anche sul fronte spiriti: negli ultimi vent'anni, secondo Nomisma, l’export ha registrato un incremento del 300% per un valore di 1,7 miliardi di euro (oggi l’Italia è il quinto top exporter globale). L’andamento positivo delle vendite oltre frontiera si conferma per il comparto degli aceti (+180% a valore negli ultimi venti anni). In generale, anche in considerazione di un calo strutturale dei consumi interni, le esportazioni assumono un carattere strategico, rappresentando un fatturato del 50% per i vini, del 35% per gli spiriti e del 48% per gli aceti.
TIMORI EUROPEI
In prospettiva, però, a preoccupare sono le tensioni geopolitiche, commerciali ed economiche che rischiano di impattare sensibilmente sulle attività di filiere fondamentali per l’agroalimentare italiano. «Le nostre imprese stanno facendo molto per mantenere salda la propria capacità produttiva, si pensi agli investimenti nell’internazionalizzazione, nella ricerca e nella sostenibilità, ma per affrontare la dimensione delle sfide internazionali c’è bisogno di regole certe capaci di assicurare una competizione chiara e libera sui mercati, che non cedano a tendenze neo proibizioniste e che superino la logica ritorsiva dei dazi che nel recente passato ci hanno ingiustamente penalizzato» ha detto a tal proposito Micaela Pallini, Presidente di Federvini.
Per questo, il raggiungimento di accordi commerciali di libero scambio con nuovi partner, sulla scorta dell’esperienza positiva del CETA definito con il Canada (per i vini italiani il tasso di crescita è stato del +7,6% nel periodo 2018-2022 rispetto al +3,7% del 2013-2017, mentre il comparto degli aperitivi, amari, liquori e distillati made in Italy balza al +13,1% rispetto al +2,9% del periodo precedente), resta una prospettiva fondamentale per sostenere il libero scambio e le produzioni di qualità come quelle in cui l’Italia è leader riconosciuta.
A interessare Federvini anche le iniziative di Irlanda e più recentemente del Belgio sugli health warnings, la revisione della direttiva sugli imballaggi fino alla normativa sull'etichettatura e al Regolamento relativo alle Indicazioni Geografiche. L’auspicio di Federvini, quindi, è che il nuovo Parlamento europeo dimostri un approccio realistico guidato dalla considerazione di elementi oggettivi nell’ottica di una promozione equilibrata delle componenti produttive, a partire dall’occupazione e dall’economia dei territori, attenzioni che hanno caratterizzato il mandato parlamentare in chiusura di numerosi rappresentanti italiani.
FUORI CASA: LA SOCIALITA' TRAINA IL SETTORE
Tra le tematiche toccate dall'Assemblea Federvini, anche quella del fuori casa. Secondo i dati forniti da TradeLab, l’80% dei nostri connazionali sceglie di bere principalmente durante occasioni sociali in accompagnamento al cibo distribuite lungo tutta la settimana, con il 27% che sostiene di consumare sempre la stessa tipologia di bevanda e il 40% che effettua la propria scelta in base alla particolare occasione di consumo.
Il 95% del campione intervistato consuma bevande alcoliche in compagnia, un’abitudine che conferma il fattore della socialità quale elemento decisivo nelle scelte di consumo. Una tendenza che vede nell’aperitivo serale un fenomeno in netta crescita con 14 milioni di italiani che lo organizzano in occasioni fuori casa per un giro d’affari complessivo di 4,5 miliardi di euro.
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