Vino

29 Aprile 2024

Vino italiano: serve innovazione per mantenere competitività sulla piazza internazionale

L'attuale contesto turbolento richiede di accelerare il salto di qualità delle nostre aziende del vino, puntando alla premiumizzazione


Vino italiano: serve innovazione per mantenere competitività sulla piazza internazionale

Nel 2023 le esportazioni di vino italiano sono calate di circa l’1% a valore, con picchi negativi del -5% negli Stati Uniti, considerati la tradizionale locomotiva dell’export per il nostro comparto enoico. Dopo oltre un ventennio di sviluppo quindi, la crescita delle esportazioni pare destinata a ridimensionarsi. Tuttavia all'orizzonte si intravedono già spiragli di luce, come rivelato recentemente dalle stime della società di consulenza Bain & Company. 

Anni di cambiamenti
Gli ultimi anni sono stati segnati da diversi cambiamenti, a cominciare dall'impatto del Covid-19 che ha determinato un calo dell’export del 2% a valore nel 2020, e la necessità di ribilanciare repentinamente i canali di vendita. Sono seguiti due anni di euforia con crescita a doppia cifra e un avvicinamento agli 8 miliardi di euro nel 2022.

Poi nel 2023 il brusco “risveglio”
ha portato a definizioni come “anno nero” e un crescente pessimismo sulle potenzialità del vino italiano nei mercati internazionali, nonostante i flussi verso Germania e Regno Unito, rispettivamente secondo e terzo mercato per il nostro export, siano cresciuti rispettivamente del 3% e del 4% a valore, anche se parte del traino della Germania sono stati i volumi, a minore valore aggiunto, di vino sfuso. Anche la Francia – pur rappresentando un mercato di sbocco relativamente contenuto - continua a manifestare segnali di crescita brillante per il vino italiano, avendo messo a segno un +10% a valore nel 2023. I Paesi Nordici, Svizzera e Asia hanno invece registrato performance negative.

Le prospettive future
In merito ai diversi segmenti, il Prosecco – in virtù del grande riconoscimento, versatilità e diffusione tra diverse generazioni di consumatori – crescerà a valore sopra le media del mercato. Idem per i bianchi, aiutati dal fatto che il consumatore stia prediligendo sempre più vini leggeri, facili da bere e magari anche da mixare, come i frizzanti. Diversa invece la situazione per i rossi, soprattutto quelli di maggior corpo - con eccezione dei vini super premium che fanno corsa a sé - che continueranno a vivere un trend di complessiva contrazione dei volumi con contenuta crescita a valore.

Le giacenze negli States
La flessione del -5% a valore e del -9% in termini di volume negli Stati Uniti, Paese più rilevante per il nostro export, ha innescato una spirale di commenti allarmistici ma, come spiega Sergio Iardella, Senior Partner di Bain & Company, il calo non è dovuto a un improvviso cambio di gusti del consumatore americano, che invece continua ad apprezzare e comprare il nostro prodotto.

«Si può ricondurre il calo di volume dell’export interamente a fattori contingenti e non strutturali, causati dall’accumulo di stock nella filiera distributiva avvenuto post-Covid, fino alla prima parte del 2023. Stimiamo che le settimane di stock nei vari livelli distributivi siano passate da valori di 15-16 settimane nel 2019 a 21 settimane a maggio-giugno 2023, per poi ridursi gradualmente a 18 settimane alle fine del 2023 frenando bruscamente i volumi di export nella seconda parte dell’anno».

Sergio IardellaSergio Iardella

Di fatto, quindi, l'export di vino italiano in USA è stato sostanzialmente stabile, con un calo inferiore all’1% e con performance superiori alla media del settore. «Bisogna però considerare che, a fine 2023, si contavano ancora circa 3 settimane di eccesso di stock nella solo filiera distributiva, con la volontà dei distributori per il 2024 di continuare a fare de-stocking» aggiunge Iardella. «Seppur con qualche altro mese di sofferenza ed un po' di ulteriore turbolenza da de-stocking nel 2024, crediamo che a partire dal 2025 le prospettive possano essere molto positive per il vino italiano che continuerà a essere ancora protagonista e molto apprezzato dai consumatori». 

«Questo contesto turbolento richiede di accelerare il salto di qualità delle nostre aziende del vino e alcuni passaggi sono imprescindibili: piccolo non è sempre bello, le aggregazioni - anche spinte da sponsor finanziari e in alcuni casi dal ricambio generazionale - sono auspicabili e necessarie per competere sui mercati internazionali con maggiori capacità finanziarie» prosegue Iardella, rimarcando che sia necessario continuare a offrire prodotti di qualità che cavalchino la premiumizzazione utilizzando tutte le leve del marketing, dal packaging, oggi spesso poco distintivo e riconoscibile, alle attività a punto vendita, sino alla comunicazione più esperienziale. 

«Pur mantenendo la sua distintività e tradizione, il vino ha molto da imparare da altre aziende di beverage, come gli spirit, o anche da chi sta inventando nuove categorie come gli hard selzer negli USA, puntando anche sul modo di comunicare e di associare il prodotto a occasioni di consumo più in linea con le nuove generazioni. L’innovazione di prodotto deve guardare ai segmenti core, ed è importante attrezzarsi per cogliere opportunità in mondi in rapido sviluppo come low / no alcool. Per confermare gli ottimi risultati messi a segno nella lunga fase precedente, occorre trovare nuovi paradigmi di crescita e soluzioni strategiche un po' più discontinue» conclude Iardella.

TAG: BAIN & COMPANY,ESPORTAZIONI,RICERCHE,SERGIO IARDELLA

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