Economia

08 Marzo 2023

Recessione, l'economia italiana cerca (ancora) di evitarla

L’inflazione italiana continua a calare grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici


Recessione, l'economia italiana cerca (ancora) di evitarla

Nelle previsioni dei diversi analisti per il 2023, il PIL italiano va meglio dell’atteso. Il prezzo dell’energia è sceso, quello dei metalli risale, ma c’è meno inflazione e quindi si intravede la svolta per i tassi. L’Italia si dimostra molto resiliente, con l’industria che migliora, anche se non le costruzioni, e i servizi in crescita. Tengono i consumi delle famiglie, gli investimenti sono in ripresa, ci sono più occupati ma anche più scarsità di manodopera. L’export è in frenata, tra un’Eurozona con una ripresa diseguale e gli USA in cui la crescita è senza industria.

Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023 ma non prima di un altro paio di aumenti.

La fiducia risale, i servizi restano in crescita sostenuti dalla tenuta dei consumi, mentre industria e investimenti reggono a fatica i maggiori costi di credito e commodity. Il prezzo del gas resta relativamente basso a febbraio (56 euro/mwh in media), ben sotto i livelli registrati in tutto il corso del 2022 (ma era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari). Viceversa, rincarano a inizio 2023 le commodity non-energy (+3,4% da ottobre), soprattutto i metalli (+16,8%), mentre i prezzi alimentari continuano a scendere (-1,2%).

L’inflazione italiana continua a calare grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici (+43,1%, da +71,1%); ma la dinamica al netto di energia e alimentari è in salita (+4,6% da +4,2%), per la trasmissione dei rincari passati (energia) agli altri beni.

A dicembre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora: 3,55%, da 1,18% a fine 2021. La quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è cresciuta al 42,9% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo del tasso ufficiale BCE, portato al 3,00% a febbraio e annunciato a 3,50% a marzo; poi secondo i future potrebbe esserci un ultimo ritocco nel 2023 e infine lo stop; il BTP a febbraio si è stabilizzato al 4,04%, poco sotto i picchi (era a 0,97%).

A dicembre il comparto del turismo è rimasto sui valori del 2019 (appena -0,4% come spesa dei viaggiatori stranieri). Buone le indicazioni sui servizi nel 1° trimestre: a gennaio il PMI è balzato in area di crescita (51,2 da 49,9) e la fiducia delle imprese del settore ha continuato a risalire.

Le vendite al dettaglio (di beni) risultano fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi (indice ICC). Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4).

Il prezzo del gas è molto più basso a inizio anno rispetto alle attese di fine 2022 e questa è sicuramente una buona premessa per il 1° trimestre, per i costi delle imprese e per il percorso di rientro dell’inflazione dal picco, iniziato a fine 2022. Ciò può far prevedere che il Paese eviti del tutto la “correzione al ribasso” dei livelli di attività, almeno in aggregato. Al tempo stesso, senza la caduta tra fine 2022 e inizio 2023 si tende a proiettare meno rimbalzo nel resto dell’anno. Anche perché i tassi di interesse più alti frenano gli investimenti e i consumi, via maggior costo del credito.

Infatti, anche gli analisti che si aspettano un +0,6 e oltre nell’anno parlano di debolezza nel 1° trimestre (quasi stagnazione) e di graduale miglioramento dal 2°, ma restando su ritmi di espansione moderati. Altri previsori continuano ad aspettarsi un limitato calo del PIL nei primi tre mesi. Le diverse attese sulla partenza dell’anno, cruciale per il calcolo della variazione nell’intero 2023, sono al momento il motivo principale delle differenze nelle diverse previsioni annue.

TAG: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA,INDUSTRIA,INFLAZIONE,RECESSIONE,STUDI

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