Per il secondo anno consecutivo si conferma la forte frenata della nascita di nuove imprese e l'impennata di cessazioni di attività
Il 2021 doveva essere l’agognato anno della ripartenza ma a conti fatti ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti non più del 10%. Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi.
Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%. Naturale conseguenza di questa dinamica e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-covid.
Ad illustrare lo stato di salute del comparto è l’ufficio studi di Fipe-Confcommercio nel tradizionale rapporto annuale, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab, presentato a Roma alla presenza del presidente Lino Enrico Stoppani e di Romina Mura, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
“La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto – sottolinea il presidente Stoppani – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore.
Non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la pandemia, misure che oggi, grazie ai vaccini, possiamo e dobbiamo cancellare, anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza.
Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Senza produttività non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro. E senza attrattività non si investe nelle sue professioni, creando i problemi di reperimento del personale che le aziende denunciano.
Quello che manca è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno".
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