07 Dicembre 2010

Pagamenti, stop ai ritardi


pagamenti-n.jpgIl Parlamento Europeo ha approvato, a larghissima maggioranza, il 20 ottobre, la nuova direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Tale decisione riveste la massima importanza per il sistema delle imprese italiane, specie di piccola e media dimensione, tenuto conto che, negli ultimi anni, il problema dei ritardi con i quali i debitori provvedono al pagamento di quanto dovuto per la fornitura di beni e servizi, ha assunto delle dimensioni smisurate che hanno determinato effetti negativi per la stessa competitività del sistema produttivo. In Italia, infatti, a partire dal gennaio 2009, abbiamo registrato la chiusura in media di 30 Aziende al giorno, per problemi connessi alla liquidità e all’impossibilità di accedere al credito.

Le nostre imprese devono attendere ancora tempi troppo lunghi per il pagamento: oltre 190 giorni.

Nel momento in cui le nostre Imprese risultano vantare un credito nei confronti della PA ammontante a 50-60 miliardi di euro sembra quasi divenuta pratica consolidata delle nostre Amministrazioni Pubbliche l’approfittarsi della posizione di forza contrattuale che le stesse tengono nei confronti dei loro fornitori. Questi ultimi infatti sono le controparti più deboli, in quanto per timore di perdere la qualifica di fornitore, si ritrovano costretti non solo a dover subire passivamente i ritardi ma, ancor più grave, a dover ricorrere ad indebitamenti per far sì che le proprie imprese possano continuare a sopravvivere. Nonostante i loro sforzi purtroppo i numeri ci dicono che molte volte assistiamo ad un blocco produttivo ed alla stessa chiusura delle Aziende. è doveroso ricordare che le norme in materia ci sono ma, come il più delle volte capita, soprattutto in Italia, ci sono o forse è meglio dire si trovano, anche gli espedienti per aggirarle.

In Italia, nonostante il D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, con il quale è stata recepita la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2000/35/Ce relativa sempre alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e, nonostante il divieto imposto alle PA di introdurre nei contratti termini di pagamento iniqui, pena la sanzione e la nullità dei medesimi, non si è riusciti ad arginare le gravi situazioni debitorie esistenti in quanto le Amministrazioni continuano a non onorare gli impegni contrattuali assunti. Regole più stringenti non possono dunque che trovare un positivo giudizio da parte di chi crede convintamente nel fatto che le nostre PMI possano, ma soprattutto debbano, poter rimanere competitive.

Le Commissioni riunite Giustizia e Attività Produttive della Camera dei Deputati il 10 giugno scorso hanno già espresso parere favorevole sulla proposta di Direttiva europea chiedendo al Governo il massimo impegno per pervenire ad una sua rapida approvazione, in modo da consentire la tempestiva liquidazione dei debiti fino ad ora accumulati ed evitare che in futuro si ripropongano le stesse situazioni. E’ quanto mai necessario adottare tutte le iniziative idonee a ricondurre la situazione ad una condizione almeno paragonabile a quella che si riscontra negli altri Paesi UE.

Le novità più rilevanti consistono nel fatto che le Pubbliche Amministrazioni saranno obbligate a pagare entro il termine di 30 giorni, o al massimo di 60 giorni solo in presenza di casi eccezionali.

Il limite di 60 giorni potrà invece essere applicato normalmente nel caso di forniture per il settore sanitario.

Se non liquideranno entro il termine massimo di pagamento, dovranno pagare ai creditori interessi di mora al tasso dell’8%; Le imprese private invece dovranno regolare le fatture entro 60 giorni a meno che non abbiano concordato diversamente nel contratto e purché non sia gravemente iniquo per il creditore.

Al fine di garantire una maggiore trasparenza, gli Stati membri saranno tenuti a rendere pubblico il tasso d’interesse legale di mora applicabile e potranno incoraggiare la creazioni di codici di pagamento rapido che prevedano termini di liquidazione chiaramente definiti. Infine, gli Stati membri possono lasciare in vigore od emanare norme che siano più favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla nuova direttiva.

Gli Stati membri hanno tempo due anni per recepire la nuova direttiva.

Auspichiamo che l’Italia impieghi tempi più celeri in quanto i nostri imprenditori non possono più continuare a vivere nell’incertezza di non poter permettersi di pagare i propri dipendenti e di non vedere uno spiraglio di luce per la loro stessa attività.

Samantha Valenti

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