Vino
14 Giugno 2023A fare da traino la ripresa dei consumi fuori casa e le esportazioni di vino
Per il Made In Italy dei vini, aperitivi, amari, liquori, distillati e aceti è stato un 2022 da incorniciare. Secondo i dati presentati da Nomisma e TradeLab durante l’Assemblea Generale di Federvini svoltasi a Roma negli scorsi giorni, i rincari di energia e materie prime non sono riusciti a intaccare il comparto tricolore che vale oltre 20 miliardi di euro di fatturato e rappresenta il 21% dell’export complessivo Food & Beverage italiano.
Rispetto al 2021, nel 2022 è cresciuto l'export di vino italiano nel mondo, con le eccezioni di Germania e Cina. Tra i mercati più ricettivi quello britannico (+46,5%) e giapponese (+25%). Record delle esportazioni di spiriti nazionali che lo scorso anno hanno prodotto un fatturato di 1.650 milioni di euro, +25% sul 2021.
Bene anche l’aceto balsamico, con segno più a doppia cifra (+15% in valori rispetto al 2021) nei principali mercati di destinazione tra cui Stati Uniti e Germania. Buone novità anche sul fronte dei consumi fuori casa, in ripresa dopo il periodo pandemico (+19% delle visite rispetto al 2021), che genera nel complesso un fatturato di 93 miliardi di euro.
L'importanza di DOP e IGP
Dalla survey realizzata da Nomisma per Federvini emerge un quadro secondo cui il 53% del campione dichiari di conoscere il significato delle sigle DOP e IGP e li consideri una garanzia di qualità, mentre un terzo degli intervistati, si dice interessato alla materia, pur non conoscendola nel dettaglio. Il 78% associa invece maggiore qualità ai prodotti certificati, il 74% alla tracciabilità del prodotto e il 68% alla sicurezza e ai controlli. Sul fronte più specifico di vino, spiriti e aceti certificati, il 62% dei consumatori ritiene che i vini DOC/DOCG/IGT rispettano specifiche caratteristiche qualitative e particolari metodi di produzione. Una percentuale che si attesta al 28% per gli spiriti certificati e al 47% per l’Aceto Balsamico di Modena IGP).
Health warnings e imballaggi
L'Assemblea di Federvini è arrivata a pochi giorni dall’approvazione, in Irlanda, del provvedimento che introdurrà i cosiddetti health warning sulle etichette di bevande alcoliche. «La scelta irlandese mette sullo stesso piano consumo e abuso, senza intervenire sull'educazione ad un approccio responsabile e moderato e quel che è peggio è che si rivelerà sostanzialmente inutile» commenta Micaela Pallini, presidente di Federvini.
«Sulla questione l'Italia ha saputo muoversi compatta, istituzioni e imprese, ma dobbiamo ora continuare a fare squadra sul piano internazionale per evitare che il caso irlandese possa indurre altri Paesi (come il Cile, nda) a seguire la stessa strada. Alla base della decisione irlandese c'è la mancata comprensione che l'abuso si sradica e si combatte con l'educazione, non con il proibizionismo. L'Irlanda e più in generale Bruxelles guardino all'Italia, ai valori della dieta mediterranea e alla sua cultura di consumo consapevole».
Altro argomento caldo è la riforma del regolamento europeo sugli imballaggi. Due i rischi all'orizzonte segnalati da Federvini: con le misure previste da Bruxelles, infatti, finirebbero per essere privilegiate le pratiche di riuso, difficili e costose da attuare da parte delle imprese, a discapito del riciclo che vede l’Italia ai vertici in Europa. Infine, il mercato verrebbe spinto verso una standardizzazione del packaging, con effetti negativi sull’immagine dei prodotti tricolori.
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