Vino
15 Febbraio 2023Christian Marchesini: «si tratta del risultato di un grande lavoro di squadra che ha messo a fattor comune la valorizzazione della Valpolicella e la sua vocazione all’eccellenza»
È ormai completato il dossier per la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco. L’annuncio è stato pochi giorni fa in occasione di Amarone Opera Prima, la due giorni del Consorzio vini Valpolicella per celebrare il millesimo 2018 del Rosso veronese.
Dieci le pagine redatte dal Comitato scientifico, che sintetizzano il lavoro di studio, analisi, raccolta di documenti e materiale video fotografico anche di archivio. Così come sono dieci gli anni di attesa di una comunità fortemente determinata a insignire il secolare appassimento come patrimonio immateriale dell’umanità. Un obiettivo che, se sarà centrato, riconoscerà alla Valpolicella anche il primato di iscrizione di una pratica di vinificazione negli elenchi tutelati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.
Fulcro del dossier i quattro capisaldi identitari che secondo il Comitato scientifico, composto da enologi, giuristi e antropologi, asseverano l’istanza della Valpolicella. In questo territorio, infatti, la secolare tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella - pratica che decreta l’unicità dell’Amarone e del Recioto – garantisce, cita il dossier, una "funzione educativa, ambientale, di riscatto sociale e di inclusione" e ovviamente "una funzione enologica", perché "senza questa tecnica i vini del territorio non esisterebbero". Tra i punti di forza, individuati anche l’estensione territoriale dell’appassimento praticato da “8mila persone” nei 19 comuni della denominazione.
Per Pier Luigi Petrillo, coordinatore del Comitato scientifico, professore e direttore della cattedra Unesco sui Patrimoni culturali immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, «il dossier evidenzia che si tratta di una tecnica che rispecchia la storia sociale, politica, economica di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione. Il profondo radicamento culturale e identitario definisce la stessa architettura rurale della Valpolicella: un saper fare che da oltre 1500 anni identifica questa comunità».
«Tale traguardo è il risultato di un grande lavoro di squadra che ha messo a fattor comune la valorizzazione della Valpolicella e la sua vocazione all’eccellenza» ha commentato Christian Marchesini, il presidente del Consorzio vini Valpolicella. «Un'unità di intenti e di visione che ha riscontrato l’appoggio anche delle istituzioni, a partire dalla Regione Veneto e dal suo presidente, Luca Zaia. Ora confidiamo che i ministeri deputati a decidere la presentazione della candidatura sappiano riconoscere il valore antropologico e socioeconomico di questa tecnica. Non dimentichiamo, infatti, che la denominazione genera un fatturato di oltre 600 milioni di euro l’anno».
La chiusura del dossier ufficiale segue le quattro call to action promosse dal Comitato promotore (Consorzio vini Valpolicella nel ruolo di coordinatore, Sovrano nobilissimo ordine dell’antico recioto, Consiglio del Palio del Recioto e dell’Amarone e Associazione Strade della vite e del vino della Valpolicella) nel corso del 2022.
Il documento è stato trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale coordinato dal ministero degli Esteri cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per la valutazione.
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