Attualità
09 Agosto 2022Rincari, siccità e rischio di pericolose speculazioni: il commento di Marco Serafini di Anicav

L'Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali (Anicav) segnala che in Italia sono stati messi a coltura 65.180 ettari con una riduzione dell'8,5% rispetto al 2021, di cui 37.024 nel Bacino Nord (-4,1% rispetto alla scorsa campagna) e 28.156 nel Bacino Centro Sud (- 13,6% sul 2021).
In una nota diffusa pochi giorni fa Anicav informa che la campagna di trasformazione del pomodoro 2022 è partita con qualche giorno di anticipo e con qualche preoccupazione in più in uno scenario particolare nel quale si combinano la precoce maturazione dei frutti conseguente alle alte temperature delle scorse settimane.
L'associazione sottolinea inoltre che, in un contesto economico incerto come quello che stiamo vivendo, bisogna prendere in considerazione diverse incognite come la siccità, particolarmente evidente nel bacino Nord, la difficoltà nel reperire manodopera stagionale sia nei campi che nell'industria, l'esponenziale aumento dei costi delle materie prime, degli imballaggi primari e secondari e soprattutto delle risorse energetiche e il crescente rischio di pericolose speculazioni.
«I rincari che hanno raggiunto livelli senza precedenti non solo in termini di quantità ma soprattutto per la generalità degli elementi di costo interessati, hanno fatto lievitare enormemente i costi di produzione» commenta Marco Serafini, presidente di Anicav. «Il comparto sarà messo a dura prova, ma restiamo fiduciosi confidando nelle capacità di resilienza dei nostri imprenditori che cercheranno, almeno in parte, di attutire le conseguenze di tali aumenti incidendo sui propri margini».
I numeri del comparto
La filiera del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato, nel 2021, di 3,7 miliardi di euro, di cui circa 2 miliardi derivanti dall’export, riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto.
L’Italia, specializzata nella produzione di derivati destinati al consumatore finale, è il secondo Paese trasformatore a livello globale dopo gli Stati Uniti e rappresenta il 15,6% della produzione mondiale e il 53% del trasformato europeo.
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