Birra
19 Luglio 2022I cambiamenti climatici uniti ai costi di produzione remano contro l'economia del comparto brassicolo
La siccità che assilla da settimane il nostro Paese ha ridotto del del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale. A dichiararlo è il Consorzio della birra italiana in relazione alla bolla di caldo tropicale che unita alla mancanza di piogge rilevanti dall'inizio dell'anno sta mandando in crisi le produzioni agroalimentari italiane.
«Il raccolto di orzo distico per la produzione di malto è a rischio» segnalano dal Consorzio, aggiungendo che nonostante gli sforzi per aumentare l'areale coltivato ad orzo sul territorio italiano e l'ingente investimento per la costruzione di una nuova malteria a Loreo, nel Polesine, la siccità sta presentando inesorabilmente il conto all'Italia che perde ogni anno l'89% dell'acqua piovana, circa 270 miliardi di metri cubi, che cade sul proprio territorio.
«Il caldo anomalo alternato ad eventi estremi come grandinate e bufere di vento e pioggia ha provocato il fenomeno della "stretta" che ha impedito il completo sviluppo dell'orzo riducendo le rese che in periodi normali possono raggiungere anche i 55 quintali per ettaro, anche se le importazioni dall'estero coprono ancora 60% del malto necessario alla produzione nazionale di birra.
Alla luce dell'aumento dei costi di produzione (+30%) della birra a causa del caro energia e materie prime, date le problematiche legate alla crisi ucraina e dato il riscaldamento globale, è necessario un intervento a sostegno della filiera».
Il Consorzio conclude affermando che, in uno scenario drammatico in cui gli effetti dei cambiamenti climatici si uniscono a quelli della guerra e dell'aumento del calo energia e delle materie prime, è quanto mai necessario sostenere i piccoli produttori di birra artigianale italiana, che peraltro vivono un momento propizio nel mercato globale, con la stabilizzazione del taglio delle accise: «Qualora la riduzione delle accise non venisse prorogata, rischia un'intera filiera di alta qualità del Made in Italy con effetti sulla produzione, i posti di lavoro e sui consumi».
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