Vino
15 Luglio 2022Oltremanica il nostro prosecco vende più di tutto il vino tricolore
Oltre alla Germania, c'è un altro Paese che è totalmente innamorato nel nostro spumante, il Regno Unito. Secondo i risultati raccolti dall'Osservatorio Uiv, la bollicina veneto-friulana nel primo quadrimestre di quest’anno è riuscita nell’impresa di superare da sola le vendite in valore di tutti vini fermi italiani messi assieme. Un risultato senza precedenti, che fissa la crescita sul pari periodo dell’anno precedente del 127% a valore e del 74% a volume. Il prosecco vale ormai oltre i 2/3 dei volumi di spumanti importati in Uk da tutto il mondo.
Tuttavia l’analisi di Unione Italiana Vini su base dogane compiuta sulle importazioni di vino imbottigliato dei top tre mercati mondiali (Usa, Germania e Uk) restituisce un quadro a luci e ombre con molte incognite sul futuro.
Il primo quadrimestre, complice una significativa battuta di arresto nel mese di aprile, si chiude con -1% generale in valore (dati armonizzati al dollaro, pari a 1,3 miliardi); a volume il segno vira ancor più in negativo: -4,1%, a 2,5 milioni di ettolitri. L’effetto è il combinato di due facce opposte della stessa medaglia: da una parte la tipologia dei vini fermi, con i volumi importati in caduta del -10% e i valori a -9%; dall’altra gli spumanti che volano a +17% a volume e a +30% a valore.
Tra i Paesi considerati, negli Usa i volumi imbottigliati registrano un decremento tendenziale di oltre il 2% per i fermi e un nuovo balzo degli sparkling (+12%). Luce rossa in Germania per entrambe le tipologie - rispettivamente a -18% e -12% -, mentre l’import tricolore nel Regno Unito è protagonista in negativo con i fermi (-8%) e in positivo per gli spumanti (+35%).
Lamberto Frescobaldi, Presidente di Unione Italiana Vini, afferma: «Riteniamo improbabile replicare le performance del 2021, un anno eccezionale che ha registrato crescite da aprile a settembre di quasi il 30%. Questo sarebbe un anno normale, se non fosse per un conflitto che ha acuito la tensione sui costi energetici e su quelli delle materie prime secche.
Una congiuntura, a cui si aggiunge l’inflazione, che si fa difficile e che impatta mediamente sulle nostre imprese per il 20-30% in più rispetto al costo del prodotto finito. Per questo - conclude Frescobaldi - sarà opportuno considerare con le istituzioni delle azioni straordinarie di strutturazione del settore in difesa di fattori esogeni sempre più frequenti e in favore di nuovi progetti di internazionalizzazione».
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