06 Novembre 2019

Non chiamiamola Sugar Tax


Non chiamiamola Sugar Tax

Purtroppo la salute viene usata come pretesto per colpire solo alcune imprese e una filiera di 80.000 persone in Italia. Lo dichiara Assobibe, l’associazione di Confindustria delle imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia, commentando il testo approvato in Consiglio dei Ministri e prospettando un calo dei volumi del 10% e una perdita di 4700 posti di lavoro.

David-Dabiankov.jpgDalla lettura del testo del provvedimento “Bilancio 2020” approdato al Senato emergono finalmente i contenuti della tassa sulle bevande, dopo mesi di dichiarazioni alla stampa di rappresentanti del Governo che continuano a giustificarla come soluzione per la salute. Ma il testo effettivamente approvato dal Consiglio dei Ministri smentisce questa lettura. Lo dichiara Assobibe, l’associazione di Confindustria delle imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia.

La tassa, infatti, non riguarda il consumo di zucchero in Italia, né quello di alimenti e bevande dolci. Quindi, non chiamiamola più, impropriamente, “sugar tax”: è invece una tassa di 10 cent/litro solo per alcune bevande dolci, quali aranciate, chinotti, cedrate, gassose, cole, aperitivi analcolici e altri prodotti non alcolici. «A conferma delle contraddizioni insite nella proposta - aggiunge David Dabiankov, Direttore Generale di Assobibe - l’intenzione del Governo è quella di tassare anche le versioni senza zuccheri e calorie che impiegano edulcoranti. Viene così mortificata l’attività delle aziende svolta con il Ministero della Salute e che ha portato a innovare i prodotti, aumentare del 41% l’offerta “senza zucchero e calorie” e tagliare del 20% lo zucchero venduto tramite bibite negli ultimi anni. È utile ricordare che la confusa tassa mira a colpire il lavoro di imprese che operano in Italia e che hanno sofferto un calo di vendite del 25% negli ultimi 10 anni: aziende piccole, medie e grandi che danno lavoro a una filiera di 80.000 persone e con 100 stabilimenti produttivi distribuiti su tutto il territorio. Forse dietro la discriminatoria scelta del Governo si nasconde la scarsa consapevolezza dei numeri: i tassi di obesità infantile in Italia continuano a preoccupare e le vendite di bevande zuccherate sono in calo da anni. Le premesse elettorali irrealizzabili o i pregiudizi ideologici di alcuni non possono però mettere a rischio imprese, lavoratori e loro famiglie. Dopo il blocco degli investimenti e delle nuove assunzioni già adottato dalle imprese a causa di queste incertezze, serve la giusta attenzione delle forze politiche per evitare danni irreparabili. Le conseguenze della tassa sulla “dolcezza” decisa dal Governo sono stimabili in un calo del 10% volumi e conseguente perdita di 4.700 posti di lavoro. Un boccone amaro per tutta la filiera industriale» – conclude Dabiankov.

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