Assoenologi festeggia un compleanno di tutto riguardo: 120 anni. Ma come dice Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi, gli anni sono 120 (questa è l’organizzazione di categoria più antica del mondo), ma c’è voglia di guardare al futuro.
E di futuro si è parlato al Congresso n. 66 ad Orvieto, del futuro del vino italiano in particolare, nei suoi tre mercati esteri più importanti: Stati Uniti, Cina e Russia.
Gli USA sono un grande bacino di consumatori per l’Italia, (che qui è leader dell’export), ma ci sono grandi margini di miglioramento: il 75% del vino consumato, infatti, è ancora californiano, il consumatore beve ancora relativamente poco (9 litri pro capite) e il prezzo medio finale di una bottiglia italiana è di 7 dollari.
Gli aspetti che frenano l’ulteriore ascesa del vino italiano in America è la diminuzione del numero dei distributori, passati da 7.000 a 700 in 20 anni e la legislazione diversa in ognuno dei 50 Stati.
Anche la Russia è un’area dove l’export del vino italiano può crescere ancora, soprattutto in valore: su 350 milioni di bottiglie italiane consumate, 240 sono nella fascia di prezzo tra i 3 e i 7,5 euro.
E infine c’è la Cina, altro mercato su cui puntare anche attraverso l’incentivazione del turismo, vera pubblicità per i nostri vini.
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