A rischio è una filiera che fattura 3,2 miliardi e dà lavoro a 136mila persone. Causa di una stagione particolarmente incerta, ma soprattutto del certissimo aumento delle accise che stanno mettendo in ginocchio un intero settore.
L`allarme è lanciato da Assobirra, che presenta i risultati di uno studio di Ref Ricerche e chiede almeno al governo Renzi di scongiurare l`ulteriore aumento previsto a partire dal 1° gennaio 2015 dopo quello scattato lo scorso anno e deciso dal governo Letta. L`obiettivo a lungo termine è però quello di ridurre la pressione fiscale sull`intera filiera, in modo da salvare i posti di lavoro e di crearne nuovo.
«I dati dimostrano che, se il nostro Paese non avesse un peso della fiscalità così alto sulla birra, potrebbe generare occupazione in maniera molto consistente. Con accise tre o quattro volte inferiori come quelle di Germania o Spagna - spiega Alberto Frausin, presidente di AssoBirra - saremmo in grado di generare 5mila nuovi posti di lavoro, ai quali si andrebbero a sommare quelli che Ref stima verranno persi a causa dell`aumento di questi mesi (circa 2400). Insomma, oltre 7mila posti di lavoro in un solo anno».
La birra pesa in maniera rilevante sul fatturato dei pubblici esercizi: secondo dati Fipe-Confcommercio in media il 12% degli incassi vengono garantiti da questa bevanda, ma si arriva anche al 20% per i bar serali e addirittura al 43% per i bar/birrerie. E il settore della birra ha un effetto positivo molto chiaro sull`occupazione: si stima che un posto di lavoro in questo settore ne generi 24,5 nell`ospitalità (bar, ristoranti, alberghi), 1 nell`agricoltura, 1,3 nella supply chain (imballaggio, logistica, marketing e altri servizi) e 1,2 nella distribuzione (Gdo e dettaglio).
Secondo il presidente di AssoBirra «intervenire oggi sull`aumento del 1° gennaio 2015 vorrebbe anche dire tutelare un prodotto che rischia di pagare un grave svantaggio competitivo rispetto agli altri produttori europei: basti pensare che con questo ulteriore aumento su un ettolitro di birra a Roma si pagheranno 38 euro mentre a Berlino 9».
L`Italia resta il mercato con i maggiori volumi di import di birra (pari a 6milioni e 175mila ettolitri nel 2013), complice anche «una competizione fiscale sleale da parte di vari paesi europei, fondata su norme nazionali poco rigorose sulla denominazione del prodotto che permettono di commercializzare a prezzi molto competitivi birre di minor qualità, che rischiano di mettere fuori mercato gli operatori italiani». «Anche per questo - conclude Frausin - è importante che il Governo Renzi intervenga, perché la scelta di questo ingiusto aumento va a colpire la competitività del nostro prodotto, che resta l`unica bevanda alcolica da pasto su cui grava l`accisa (nel nostro Paese non pagano le accise le bevande alcoliche che rappresentano il 65% dei consumi di alcol). La birra è la bevanda alcolica preferita dagli under 54 (secondo uno studio Ipsos-AssoBirra) e nell`80% dei casi viene bevuta "a pasto", quindi in modo responsabile e secondo uno stile di consumo che definiamo "mediterraneo", ossia senza eccessi e in maniera consapevole».
Fonte Il Giornale
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