Un marchio storico, forse tra i più famosi, quello della Sangemini, sta rischiando di scomparire. Non certo per colpa della crisi, almeno non direttamente, ma per vicende societarie difficili anche da comprendere.
La richiesta al Prefetto e all’assessorato alle Politiche industriali di interessarsi alla vicenda Sangemini e un incontro-fiume in Confindustria per frenare il declino in cui sta scivolando la Sangemini, storica azienda di imbottigliamento di acque minerali. I sindacati hanno portato la questione all’attenzione del Prefetto di Terni, al quale chiedono di «convocare con la massima urgenza un incontro con tutte le istituzioni locali interessate dalle attività di Sangemini, perché quella che si prospetta è un’autentica emergenza sociale», soprattutto perché per giovedì è previsto il pronunciamento del Tribunale sulla richiesta di ”concordato” avanzato nei giorni scorsi dall’azienda, dopo che il suo piano di rilancio era stato bocciato da banche e istituzioni.
Da quello, che potrebbe aprire la strada alla procedura di fallimento in futuro, dipende, nel breve periodo, la possibilità del pagamento degli stipendi di marzo. L’azienda comunque si è impegnata a mettere la voce degli stipendi in prepagamento, chiedendo al giudice la prededuzione. Se il giudice dovesse dire di no, allora l’azienda si attiverà per dare lo stipendio cone le modalità di anticipo e conguaglio, garantendo così una continuità di pagamento ai dipendenti. Il sindacato si è poi incontrato con l’associazione industriali, perchè il concordato potrebbe mettere in discussione il pagamento della cassa integrazione ai lavoratori della Sangemini Fruit.
L’azienda adesso ha 180 giorni per approvare un piano industriale credibile da parte delle banche e delle istituzioni, che la rilanci.
Una situazione difficile, sulla quale i sindacati avevano lanciato l’allarme da tempo, riparlandone qualche settimana fa, paventando la possibilità che il marchio Fabia fosse spostato al nord e chiedendo una riorganizzazione dello stabilimento ternano, che, ancora, nonostante le difficoltà e la totale assenza di campagne pubblicitarie, imbottiglia acque che hanno ancora un appeal, come, appunto, la Sangemini. La dirigenza aveva comunque evidenziato come il trend di vendita fosse positivo, sottolineando detto che il piano aziendale prevedeva «un aumento dei volumi del marchio Sangemini, con lo sviluppo di Acqua Fabia nel nord Italia, rendendola un marchio nazionale». Per questo, sostengono Cgil, Cisl e Uil, «bisogna lottare perchè l’azienda venga risanata, fare manutenzione dell’impianto e cogliere questo trend positivo di vendite che oggi è un bene preziosissimo e raro».
Fonte Il Messaggero.it
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