
Prima lezione, o meglio consigli per esercenti e operatori del settore horeca, per un idoneo approccio al prodotto vino. È un vero e proprio corso da sommelier? Se questo vuol dire saper conoscere e far conoscere il modo migliore per degustare un vino, allora sì. Perché per diventare sommelier bisogna seguire un percorso formativo ben preciso. Di per sé la parola francese sommelier in italiano non è traducibile (sarebbe l’equivalente di coppiere). La nostra legislazione prevede degli elenchi tenuti dalle Camere di commercio provinciali e distingue la figura di “tecnico degustatore” (diplomi e lauree attinenti al settore vino, più due anni di esperienza documentata come degustatore) e di “esperto degustatore” (scuola dell’obbligo e attestati Ais o Fisar oltre a due anni di comprovata esperienza come degustatore). La prima figura è quella deputata alla valutazione dei vini doc e docg della provincia, la seconda coincide propriamente con l’idea comune di sommelier, colui che negli esercizi pubblici (alberghi o ristoranti) in accordo con il proprietario o gestore, provvede a selezionare e a far acquistare vini da collocare in cantina. È lui che serve il vino al cliente e che redige una buona Carta dei vini. Ma qui va fatta subito una precisazione: «se non si ha una cantina prestigiosa, per lo meno ricca di etichette che ben si abbinano con i piatti della propria cucina, meglio non strafare e limitarsi a un mero elenco in menu!».
Ma in effetti cos’è il vino? Strano ma vero, il vino è soprattutto acqua all’87-90%, alcol dal 10% al 13% per volume e oltre 600 sostanze tra enzimi e aromi, polifenoli e antociani (responsabili del colore dei rossi), monofenoli (soprattutto nei bianchi), comunque vari acidi, tra cui il malico, il lattico e il tartarico, vitamine e altre sostanze nutritive e sali minerali, tutti elementi già contenuti inizialmente nell’uva come in ogni altra semplice frutta. Perché il vino, nel senso più generale, non è altro che succo d’uva fermentato.
Eustachio Cazzorla
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