Gentile redazione di italgrob.it,
ho letto con particolare interesse l’articolo dal titolo "Distributore: chi è costui?" pubblicato sul vostro portale e, relativamente a quanto riportato nello stesso, vorrei fare alcune considerazioni nel merito. La prima riguarda il "racconto" del distributore che gira di notte per riflettere sui suoi clienti e in generale sul mercato nel quale lavora. Se mi è permesso, con molto franchezza, consiglio a questo pseudo collega di cambiare velocemente mestiere. Da quello che leggo non ha le idee per nulla chiare e anche i ragionamenti che fa sono alquanto aleatori e poco consoni alla realtà che oggi investe, in maniera cruda e feroce, chi si occupa di distribuzione di bevande.
A sua palese giustificazione posso solo dedurre che le cause della sua insonnia siano le stesse che assalgono la maggior parte dei nostri colleghi:
1° I ritardi di pagamento da parte degli esercenti dei locali, una situazione che definire incresciosa è dir poco, ormai non più sostenibile e per la quale l’Art. 62 ha avuto l’effetto di una goccia nel mare, cioè nulla. Anzi se proprio devo dirla tutta la situazione è peggiorata. Ad esempio, quei clienti che pagavano a 30 giorni, oppure, pagavano una consegna per l’altra, avvalendosi di questa disposizione legislativa che prevede in pagamenti "entro 60 giorni", hanno cominciato a pagare a 60 giorni. Quelli che non pagavano hanno, invece, continuato tranquillamente ad infischiarsene.
2° La stretta creditizia da parte degli Istituti di credito che di fatto ha già ucciso molte aziende dove, imponendo loro il rientro dall’oggi al domani, le ha praticamente annientate, distrutte. Con questa infausta prassi da parte delle banche sono in sofferenza anche quelle aziende meglio patrimonializzate.
3° Poi le industrie fornitrici che non concedono più alcun tipo di deroga sui tempi di incasso, per loro, e solo per loro vale l’Art. 62. Non è giusto. Non va bene. Queste sono le cause mortali di cui dovremmo dibattere e sulle quali magari la Federazione Italgrob potrebbe intervenire sindacalmente nelle sedi competenti per cercare possibili soluzioni.
Poi, tornando all’articolo frutto di queste mie osservazioni, possiamo anche discutere se il distributore ha più o meno una sua precisa identità e se questa identità, questo ruolo, viene valorizzato abbastanza?
Concordo sul fatto che c’è senz’altro da lavorare in tal senso. Allo stesso tempo, sempre consultando il portale, leggo con piacere alcune interviste a giovani distributori, fra i quali Matteo Trussoni e Giusy Adelizzi. Matteo lo conosco da tempo ed ha grandi qualità, carisma e una conoscenza assoluta del lavoro e del mercato; Giusy Adelizzi non ho ancora il piacere di conoscerla personalmente, ma ho apprezzato la competenza e la genuinità con la quale ha parlato. Non condivido appieno, però, la sua valutazione fra ribaltatori e ridistributori e le politiche legate all’assortimento. Ma è una questione di punti di vista sui quali magari, se avrò l’opportunità di incontrarla, potremo serenamente confrontarci. A parte questo piccolo inciso, le sue dichiarazioni, così come quelle di Matteo Trussoni e con loro di altri giovani che personalmente conosco, mi danno grande fiducia. Valutando i loro progetti, l’entusiasmo e le convinzioni alla base delle loro idee, vedendo e, in taluni casi, toccando con mano la qualità dei ragazzi che vengono formati all’Horeca Distech, mi persuado che il percorso di "valorizzazione" per i distributori è possibile: questi giovani sapranno tenere alta la bandiera della nostra categoria anche nel prossimo futuro. Il distributore che va in giro di notte a discutere con le saracinesche abbassate direi proprio di no.
Grazie per la vostra attenzione.
Franco Tucci
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