I natali dell’aperitivo non sono milanesi, come sarebbe facile pensare vista la grande diffusione di questo rito nella grande città lombarda, sempre dinamica e luogo di veloci trasformazioni sociali e tendenze modaiole, anche a tavola.
L’aperitivo, inteso in prima battuta come la bevanda da bere prima del pasto, per aprire lo stomaco e gustarsi un momento di piacere come preludio al banchetto, è un’invenzione torinese. A concepirlo fu, più di 200 anni fa, Antonio Benedetto Carpano, ideatore del Vermouth, un vino aromatizzato con infuso di erbe e spezie. Il Vermouth spopolò, fu esportato in tutta Europa e successivamente prodotto da Cinzano e Martini & Rossi, divenendo con l’appellativo di “Martini” l’aperitivo per eccellenza, liscio o come base di tanti cocktail. Anche Gancia promosse il suo Vermouth che divenne l’aperitivo ufficiale della Casa Reale.
Quando oggi parliamo di aperitivo pensiamo non solo al cocktail, alcolico o analcolico, frizzante o liscio, pensiamo anche agli stuzzichini da guastare sorseggiando, stuzzichini sempre più ricchi ed elaborati, tant’è che da apertura alla cena, l’aperitivo sta sostituendo la cena stessa in molte città, diventando con l’apericena (questa sì di origine milanese) un’alternativa veloce, informale, gustosa e meno costosa di un pasto al tavolo. Così i bar di tutta Italia, Torino e Milano in testa, offrono insieme al bicchiere anche una serie di piattini e ciotole stracolme di ogni bendiddio che spazia in tutta la gamma della cucina: dalle mandorle salate e arachidi, ai taralli pugliesi e olive verdi, passando per focaccine, panzerottini, formaggi, salumi, grissini, tartine, cornetti salati, o assaggi di vere e proprie pietanze, bagna cauda e fonduta, o assaggi di carpaccio di carne o pesce, o persino frutta e dolci.
Dunque, il fenomeno aperitivo s’è evoluto, diventando un “concept” gastronomico, un’occasione di consumo con nuove regole e costumi. L’aperitivo fast, veloce, rispetto al pranzo o alla cena, da consumare perlopiù in piedi, è oggi un buffet di antipasti accompagnati da gustosi drink, analcolici come i bitter, oppure alcolici, bevande che i mixologist preparano pescando dai classici, o rivisitando le vecchie glorie (Martini, Negroni e via discorrendo) o inventando nuovi mix. Sicuramente i drink più diffusi sono l’Americano, il Pirlo, lo Spritz, il Campari, il Rossini e il San Pellegrino. C’è da dire che l’uso dell’aperitivo, ben radicato nei bar italiani (ma anche nei ristoranti, pub e pizzerie più modaiole), si sta diffondendo anche in altri paesi, per esempio Svizzera, Francia, Austria, Slovenia, Serbia e Germania.
I locali che mettono a disposizione l’aperitivo sanno che questo tipo di offerta si presta a tantissime interpretazioni e permette di giocare con il menu e il prezzo. Così è possibile un aperitivo contenuto in quantità e costo o un’apericena (un buffet più sostanzioso). Inoltre, è possibile anche dare una firma ben precisa di stile al proprio aperitivo. Infatti, sempre più l’aperitivo caratterizza, per i consumatori, l’immagine del locale. E sempre più l’aperitivo si caratterizza come pout purrì di sfizi, presi in prestito alla tradizione locale, da assaporare anche con il vino top della regione, magari bianco, e non solo con bitter o cocktail. Ecco allora che l’aperitivo campano vede la pizza a tranci e la mozzarella di bufala protagoniste, l’aperitivo piemontese punta su salumi, formaggi, acciughe al verde, l’aperitivo bolognese su altro ancora e via discorrendo. Le tipicità della gastronomia, potremmo dire, si fanno mignon, piatti nati poveri per sfamare il popolo si fanno esteticamente belli e desiderabili nelle miniporzioni. Mentre la cantina diventa una fonte di ispirazione per la scelta della bevanda da proporre.
Il colore degli appetizer, la ricerca delle materie prime, la fantasia messa nella preparazione dell’aperitivo dimostrano la flessibilità di questa occasione di consumo da vivere e far vivere sempre più come un’esperienza, un viaggio fra i sapori e i piaceri.
Fonte Pizza&core
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