È sotto gli occhi di tutti i gestori e gli esperti del settore che nel corso degli anni, i governi italiani hanno preso diversi provvedimenti di liberalizzazione che hanno sostanzialmente reso possibile non solo l’apertura di più locali, ma anche l’ingresso di altri “operatori” di canali diversi. In dieci anni il numero degli esercizi è aumentato del 25 percento. Ma ciò che colpisce è la crescita della così detta “ristorazione non assistita”, tra cui circoli privati con attività di ristorazione, ristoranti negli agriturismo, ristorazione nelle stazioni di servizio, senza parlare del fenomeno delle sagre che questo governo sta agevolando. Sono entrati nel mercato anche i ristoranti d’albergo, che con l’ultimo provvedimento Brambilla sul Turismo possono somministrare anche a chi non pernotta in albergo. Dunque i provvedimenti recenti e meno recenti hanno fatto sì che la ristorazione sia oggi un grande girone dantesco, in cui c’è una concorrenza altissima; secondo i dati Fipe a fronte di 15.772 attività iscritte, ben 24.629 sono quelle cessate. Una mortalità molto alta che va spiegata alla luce di più fattori, crisi, concorrenza, improvvisazione da parte di molti neo gestori che poi non reggono sul mercato. E a proposito di concorrenza: oltre ai tanti punti di ristoro sbocciati ovunque in diversi segmenti , così come abbiamo visto prima, il ristorante (come la pizzeria e il bar) deve oggi fare i conti anche con il vending che ha, sempre stando a Fipe, raggiunto quota 2,3 milioni di installazioni. Troppa concorrenza di fronte ad una domanda che non è cresciuta: l’aumento reale dei consumi alimentari fuori casa nel corso degli anni 2000 è stato del 5,4%, molto poco rispetto al decennio precedente in cui la crescita era a due cifre. Il primo risultato della disparità fra offerta e domanda è, come detto, la mortalità delle imprese. Poi altre conseguenze sono la crescita dell’imprenditoria immigrata (12% del totale), ritardati pagamenti verso i fornitori, meno produttività, in altre parole il valore aggiunto per impresa è sceso da 135mila a 112mila euro (-16,5%).
“Del mercato della ristorazione è stato fatto uno spezzatino – spiega Luciano Sbraga direttore Centro Studi Fipe invocando una regolamentazione più equa e giusta per tutti i protagonisti del mercato - non perché vi fosse poca concorrenza, anzi la densità delle imprese in rapporto alla popolazione è tra le più altre d’Europa, ma per ragioni redistributive a vantaggio di questa o di quella categoria: artigiani, agricoltori, dettaglianti, albergatori, stazioni di servizio. Il risultato è che oramai il fuori casa è un magma dove agiscono imprese sottoposte a regimi amministrativi e fiscali differenti. L’asimmetria delle regole non genera buona concorrenza”
La ristorazione in cifre (punti di consumo) DATI FIPE:
Distributori Automatici: 2.300.00
Bar 150.000
Ristoranti100.000
Esercizi di vic. (Alimentari) 33.000
Circoli Culturali/Sportivi 30.000
Ristorazione Take Away 30.000
Ristoranti in Albergo 22000
Pasticcerie/Gelaterie 20000
Ambulanti 20000
Panetterie 13000
Ristoranti in Agriturismo 9914
Stabilimenti Balneari 7860
Feste e Sagre 7.034
Discoteche 3.500
Mense Aziendali 3.500
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