“Junk food”, letteralmente cibo spazzatura, è un termine che negli USA è entrato nel dibattito dell’opinione pubblica ed è al centro delle politiche salutistiche anti obesità del governo. Anche in Italia ultimamente si parla di junk food e lo si vorrebbe “combattere” con una tassa che andrebbe a colpire anche le bevande: l’ipotesi di introdurre questo nuovo balzello è giustificata dalla volontà di disincentivare il consumo del junk food a favore di prodotti più leggeri e sani.
La proposta della tassa è ancora sul tavolo del Ministro della Salute Renato Balduzzi che spiega come occorra “mangiare meno e mangiare meglio”. Con questo provvedimento il Ministro intenderebbe .“aiutare le nuove generazioni a cambiare le proprie abitudini alimentari attraverso tutti gli strumenti a disposizione”. Tuttavia, non esiste ad oggi uno studio che dimostri che una tassa sul cibo influenzi i comportamenti alimentari: in Europa, laddove è stata introdotta una food tax, c’è stato solo un aumento di spesa, ma non cambianti di dieta.
Gli italiani non sembrano essere d’accordo su questa nuova “intromissione dello Stato”: secondo un’indagine IPSOS, condotta su un campione di 1000 intervistati, l`85,6% degli italiani dichiara di non volere l`introduzione di un simile provvedimento e ben l`81,5% la ritiene una misura indirizzata solo a fare cassa, non ad orientare i consumi. Insomma, gli italiani vedono questo balzello come un ulteriore peso sul prezzo finale di quello che si acquista, un balzello poco etico e molto esoso.
Secondo gli intervistati lo stile alimentare equilibrato si raggiunge, invece, con l`educazione alimentare e l`informazione (85,4%).
«Questa indagine - dichiara il Presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua - conferma quanto i timori dell`industria alimentare nei confronti di ipotetiche tasse di scopo su alcuni cibi e bevande siano in realtà i timori di gran parte degli italiani, che dimostrano di averne abbastanza di imposte e gabelle. L`aumento dell`IVA al 21% - continua - ha già colpito più di un terzo dei consumi alimentari e il paventato ulteriore incremento di due punti per altre due aliquote di questa imposta impatterebbe su circa il 75% del fatturato dei prodotti del settore: e` impensabile pertanto ipotizzare altre misure fiscali senza pensare che tutto ciò avrebbe delle inevitabili ripercussioni sui consumi, sulla produzione e quindi sull`occupazione.»
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