La commedia inizia ogni anno nello stesso modo. In ottobre circolano ad arte voci secondo le quali l’industria non riesce più a contenere i listini: aumento del carburante (non si sbaglia mai); irreperibilità di taluni componenti del
prodotto; incombente lievitazione del costo del lavoro e poco altro.
Per qualche settimana le notizie rimbalzano dai funzionari di vendita, ai consorzi, alle singole imprese. Poi nulla accade e le voci si spengono.
Solo le grandi compagnie della GDO approfittano dell’occasione per lanciare clamorosi comunicati stampa nei quali affermano che, nell’esclusivo interesse del consumatore finale loro cliente, non accetteranno incrementi dei listini
almeno fino al nuovo anno ma anche allora vorranno conoscere i motivi degli aumenti e valutarne l’equità. Lo dicono e lo pretenderanno.
Il distributore di bevande invece siede alla scrivania in attesa di quanto è già certo che arriverà!
Immancabilmente ai primi di gennaio giunge la prima raccomandata foriera di rincari con timbro e firma di un leader di settore (generalmente in testa sono Cole, Minerale e Birra). Infatti vale ancora la vecchia regola secondo
cui compete al leader di settore dare una bella spinta in avanti ai listini in modo da invogliare i concorrenti alle sue spalle ad adeguarsi prontamente.
In un angolo della sua scrivania il distributore accatasta le comunicazioni contenenti aumenti in ordine di arrivo che è eguale al grado di nobiltà del produttore: prima il leader, poi il n.2, il n.3 e buon’ultima la piccola marca simpatica incapace di nascondere l’imbarazzo per chiedere di più al suo bravo cliente. In omaggio alla sempre sbandierata partnership non guasterebbe se l’industria fornisse delle spiegazioni in più evitando al distributore di porsi, anche per il 2012, domande ingrate: perché i rincari di prodotti simili oscillano dal 2,5% al 7%? Perché la maggior parte delle merci provenienti da oltre confine mantengono le condizioni pregresse?
Nell’anno in corso il massimo del rincaro si è verificato nel settore vino: 12% e più! Annata scarsa di materia prima secondo i produttori. Eccellente richiesta di vino italiano all’estero secondo gli osservatori.
Se l’industria si desse più tempo per gli aumenti e li proponesse con molta più trasparenza i distributori ne avrebbero reale beneficio: potrebbero preparare la forza vendite e la clientela gradatamente e con motivazioni credibili.
Il produttore troppi problemi non se li pone convinto com’è di poterli demandare al distributore il quale, ancora una volta, assorbendo una percentuale dei rincari e convincendo gli esercenti ad accettarne la parte restante risolverà la questione per tutti.
Ma fino a quando?
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