Si dice sempre: l’agroalimentare italiano è un fiore all’occhiello per il nostro paese. Ed è vero: abbiamo un patrimonio immenso di materie prime, dalla terra e dal mare, che diventano prodotti lavorati eccelsi che, in quanto tali, rappresentano una fetta dell’economia importante.
Però, purtroppo, molti marchi storici dell`agroalimentare italiano vanno nelle mani di holding estere, un valore di oltre 5 miliardi di euro. È preoccupata di questa migrazione di capitali e di lavoro la Coldiretti, la quale, attraverso il suo presidente Sergio Marini lancia la sua protesta in occasione dell`inaugurazione di Fieragricola a Verona.
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«Nell`arco di un anno- spiega Marini - abbiamo perso tre pezzi importanti del Made in Italy alimentare, diventando bersaglio d`interessi stranieri. Serve perciò maggior tutela dei marchi nazionali, priorità necessaria per il Paese, da attuare anche con un`apposita task force».
L`ultimo marchio che ha “lasciato i confini” italiani è la Ar Pelati, acquisita dalla società Princes controllata dalla giapponese Mitsubishi. Qualche settimana prima la stessa cosa è accaduta al marchio Gancia, cantina acquistata da Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard.
Sono molti i marchi che hanno già compiuto questo passaggio da una titolarità italiana ad una titolarità straniera: Nel 2003 la birra Peroni è passata all`azienda sudafricana SabMiller.
Tanti gli altri esempi nel food: la francese Lactalis ha acquistato la Parmalat e Invernizzi, la Sos spagnola ha
La Coldiretti denuncia anche un’altra situazione:secondo uno studio Coldiretti/Eurispes circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati deriva da materie prime agricole straniere, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, per un fatturato stimato in 51 miliardi. Occorre quindi, per Coldiretti, applicare con trasparenza la legge nazionale che obbliga ad indicare la provenienza in etichetta su tutti gli alimenti.
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