16 Novembre 2010

L`opinione di Cuzziol


3bm.jpgQuando la Finanziaria 2011 si trovava già sulla rampa di lancio l’abile Marcegaglia riusciva ad afferrarla per la coda e a tirarla dalla parte della grande industria. Bravissima! Il fatto che in Italia sia la Piccola e Media industria ad effettuare la maggior parte della produzione ed a sostenere l’occupazione sembra non interessi alcuno. Quello che conta è la risonanza dell’eventuale ricatto: nei momenti difficili i grandi complessi dichiarano l’impossibilità di proseguire a causa degli alti costi del lavoro e prospettano di trasferirsi altrove dopo aver licenziato 5.000 o più lavoratori! Il numero fa colpo sul pubblico e contemporaneamente induce i politici a temere per i propri voti: i provvedimenti a favore in un modo o nell’altro arrivano.

Noi imprenditori medio piccoli seguiamo una filosofia diversa che rende di meno in soldoni, ma molto di più in termini morali e sociali. Noi facciamo parte del territorio nel quale viviamo e operiamo: licenziare significa impoverire l’area; trasferirsi equivale a rifiutare una missione in molti casi iniziata fin dalle generazioni pregresse.

Lo Stato conosce la nostra capacità di stringere i denti e superare gli ostacoli.

Perciò non si preoccupa, o meglio, lascia che ci arrangiamo!

Dialogando con i Colleghi e leggendo le lettere che pervengono in Federazione si arriva a dedurre come alcune situazioni non siano ulteriormente sostenibili. Iniziamo dagli Istituti di Credito. È ben vero che le banche italiane sono molto più floride delle colleghe operanti nel resto del mondo, ma tale floridezza l’hanno ottenuta

dimostrandosi esose con noi clienti. Gli ingenti fondi accumulati potrebbero ora essere investiti per rilanciare l’economia:meno che mai! Garanzie reali o ipoteche altrimenti niente fido. Anche per scontare fatture di clienti solidi occorrono fidejussioni, burocrazia e l’accettazione di tassi alti.

La gran massa dei Pubblici Esercizi praticamente non ha più accesso al credito bancario per cui gravano sempre di più sulle nostre spalle. Negli anni ’90 un Distributore organizzato perdeva per insoluti intorno all’1% del fatturato; dopo l’entrata in funzione dell’Euro l’1,3%; ora stiamo superando l’1,5%. L’Industria del Beverages si sta comportando come le banche: invece di condividere i disagi del Distributore ne peggiora le condizioni restringendo inopinatamente il credito. Ma non basta! Nell’improbabile tentativo di recuperare vendite cede i prodotti a condizioni stracciate agli altri canali, ribaltatori compresi.Le anomalie di regime appena denunciate non si risolvono dialogando con le Istituzioni, ma bisogna affrontarle sulla piazza. Amici Presidenti e Direttori dei Consorzi concertatevi, costituite massa critica verso le Banche e i Fornitori e pretendete uniti! La Federazione potrà offrirvi il sostegno tecnico-legale; propiziarvi l’appoggio personale di eminenti politici; mettere insieme una campagna di comunicazione come mai avvento prima.

A chi non vuole ascoltare la ragione occorre proporre il ricatto. Le Federazioni Industriali ce lo hanno insegnato.

Giuseppe Cuzziol

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