Il ritocco dell`IVA dal 20 al 21%, approvato dal Senato scontenta tutti, produttori e commercianti: ad aumentare sensibilmente di prezzo saranno prodotti di consumo quotidiano, dagli alimenti alle auto passando per l’abbigliamento e i viaggi.
Anche la ristorazione viene coinvolta in una certa misura dall`aumento dell`IVA: sebbene, infatti, i clienti del fuoricasa paghino colazioni, pranzi e cene su cui grava l`IVA al 10% non toccata dalla manovra, è vero che i ristoratori su molti prodotti di cui si approvvigionano pagheranno l`IVA al 21%. Questo significa che la manovra grava anche sui ristoratori che, per recuperare l`1% in più della nuova IVA, potrebbero aumentare i prezzi dei menù.
Federalimentare avvisa: un terzo dei consumi alimentari sarà gravato dal punto percentuale in più, così acque minerali, vini, birra, succhi di frutta, limonate, cole e altre bevande gassate, caffè e tè, acquaviti e liquori costeranno un po’ di più.
L’aumento del gettito è pari a circa 600 milioni, in altre parole dieci volte il contributo di solidarietà. Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare commenta l’aumento dell’IVA preoccupato: «È chiaro che ogni prospettiva di rilancio dei consumi alimentari può essere compromessa da questo provvedimento. Un sacrificio di queste dimensioni avrebbe dovuto trovare una ragione politica, comprensibile da parte dei cittadini, nella programmata delega fiscale, cioè in un contesto di riduzione delle imposte dirette sul lavoro e sulle imprese».
Le aziende potrebbero essere costrette a rittocare i listini, anche se tutte le categorie si rendono conto che tali aumenti potrebbero deprimere ancora di più i consumi disincentivando la domanda. Tuttavia per le aziende è impossibile assorbire l`1% in più di Iva su margini netti già risicati, così l’unica soluzione e aumentare i prezzi. Insomma, gestire l’aumento dell’IVA è essere come un serpente che si mangia la coda.
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