L’Italia del vino produce troppo, comunica troppo poco sul mercato interno e non sa fare sistema né dentro né fuori dai confini nazionali. Impietoso il giudizio sull’enologia nazionale dato da Lucio Mastroberardino, presidente dell’Unione Italiana Vini, nella seconda serie di interviste a istituzioni di categoria, produttori, comunicatori, operatori della distribuzione e della ristorazione, pubblicitari/esperti di costume realizzate da Vinitaly (7-11 aprile 2011).
Il dibattito sul calo dei consumi interni proposto dal più importante Salone internazionale dedicato al vino coinvolge questa settimana, oltre al presidente dell’Uiv, il direttore commerciale di Cantine Riunite Nino Visco, il giornalista Marco Gatti, il presidente di Ais Antonello Maietta e il creativo Riccardo Facci della Facci&Pollini. A chiusura della discussione, durante i giorni di manifestazione verrà presentata una specifica ricerca di mercato, commissionata per capire il fenomeno e le strategie possibili da adottare.
Il confronto, pubblicato sul sito www.vinitaly.com è aperto ai commenti e verte su tre domande.
Condivisa da tutti gli intervistati di questa settimana l’opinione sulle motivazioni che frenano il mercato interno. Per Antonello Maietta “manca in Italia una vera cultura del vino e la comunicazione talvolta appare distorta”.
“Il vino fa parte del nostro Dna – dice Marco Gatti -, ma invece di promuoverne la conoscenza e la cultura del bere consapevole, da tempo il vino è oggetto di un’ingiusta demonizzazione”.
D’accordo Nino Visco, che pur non trovando del tutto negativo il principio per cui “si beve meno ma si beve meglio”, riconosce come un problema l’inasprimento della disciplina in materia di guida, che ha portato i consumi fuori casa a meno del 20% del totale.
Per Riccardo Facci c’è anche una “criticità a comunicare il prodotto vino e quindi alcool che ha impedito un sereno sostegno da parte delle istituzioni, spesso divise tra la necessità di sensibilizzare sul tema della sicurezza alla guida e la promozione dei prodotti italiani a base alcolica”. Facci va oltre nell’analisi: “Le imprese italiane sono restie a fare sistema e non sono riuscite a comunicare il loro prestigio in modo moderno, strutturato e coordinato come invece fanno i cugini francesi. Loro sono un ottimo esempio di come si può sommare un robusto sostegno da parte delle istituzioni a una talentuosa cultura del comunicare”.
Parole di creativo che vede il mondo del vino dal di fuori, ma che sembrano dare ragione a Mastroberardino, che questo mondo lo conosce dall’interno, quando dice che “il problema della comunicazione riguarda la mancanza di politiche unitarie della filiera”.
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